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martedì 28 agosto 2012

Lavoro nero, storie nere e illusioni perdute


Storia di precariato made in Bari

di Fabio Leli

Quel che vi stiamo per presentare oggi è la vera storia di una ragazza di Bari che racchiude insieme lavoro nero, illusioni di carriera, mobbing sulle donne, violenze psicologiche, vertenze sindacali e pressioni legate alla delinquenza. Per tutelare la giovane donna le garantiremo l’anonimato, ma questo è il suo racconto:

Sara (nome di convenzione ndr.) è una semplice vent’enne, ancora capace di gioire delle piccole cose, di sorridere alla vita ed in grado di sognare a occhi aperti.
Dall’anno della sua maturità si è sempre data da fare per acquisire quelle esperienze lavorative che l’attuale società impone a chiunque per accrescere il proprio curriculum. Ma, sul versante umano, dalla commessa alla centralinista, tali esperienze l’hanno sempre più impoverita che arricchita.

In cerca di una prospettiva lavorativa migliore, a settembre seppe che nel centro di Bari una nota agenzia immobiliare avrebbe assunto una coordinatrice da immettere nel proprio organico e, a tal proposito, fece pervenire il proprio C.V.. Soltanto pochi giorni dopo le proposero un colloquio conoscitivo ed avendo alle spalle una pregressa esperienza lavorativa era la candidata ideale per ricoprire tale incarico. Comunque, prima di assumerla e di regolarizzare la condizione lavorativa “con un contratto a tempo indeterminato” avrebbe dovuto svolgere un periodo di prova della durata di “2 mesi”.

Così iniziava per lei una nuova avventura nel mondo del lavoro con la speranza che fosse diversa dalle altre, un’esperienza in grado di permetterle di realizzare i propri sogni per un futuro più solido. Ma così non fu. Nei primi mesi, pur avendo conseguito gli obiettivi aziendali, non le venne riconosciuto alcun merito, il suo operato veniva puntualmente sminuito, sia dai colleghi, sia dal titolare e, come capro espiatorio, veniva accusata di ogni colpa. Nei mesi successivi, quando la situazione degenerò completamente e il clima raggiunse il massimo grado di tolleranza, la ragazza, tra pianti e singhiozzi, fu costretta a rilasciare le dimissioni.

Al torto subito la ragazza, su consiglio del padre, decise di avviare la pratica per una vertenza sindacale all’ex titolare, unica forma di difesa alla sua inadempienza: la promessa sempre disattesa di un regolare contratto.

A quel punto la vita di Sara ricominciò nella serena routine quotidiana, fino a quando una mattina di Marzo fece comparsa in casa sua uno sconosciuto, un gorilla inviato dal suo ex titolare per obbligare il padre e la figlia a ritirare la vertenza. Impauriti e preoccupati dal pericolo che avrebbe potuto procurare un rifiuto a una richiesta di questo tipo, sotto pressione, si videro costretti a ritirare la denuncia e ad accettare una piccola somma in denaro (500 euro) a garanzia di un silenzio omertoso.

Non c’è ironia, oltre al danno la beffa. E come sempre siamo alle solite. Per gli errori di quelli più forti a pagarne le conseguenze sono sempre i più deboli.

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giovedì 26 luglio 2012

Bari, operazione "multa" il cassonetto abusivo, iniziativa virale

di Giampiero Milone


L’art. 25 del codice della strada, nel disciplinare l’uso della sede stradale, dispone che “I cassonetti per la raccolta dei rifiuti solidi urbani di qualsiasi tipo e natura devono essere collocati in modo da non arrecare pericolo od intralcio alla circolazione.”
La disposizione in commento, però, deve essere letta ed interpretata alla stregua dell’art. 68 disp. Att. dello stesso codice della strada il quale stabilisce che “I cassonetti per la raccolta anche differenziata dei rifiuti solidi urbani di qualsiasi tipo di cui all'articolo 25, comma 3, del Codice, devono essere collocati in genere fuori della carreggiata in modo, comunque, da non arrecare pericolo o intralcio alla circolazione.
Su ciascuno degli spigoli verticali del cassonetto devono essere apposti pannelli di pellicola rifrangente a strisce bianche e rosse, per una superficie complessiva utile per cassonetto, non inferiore a 3.200 cm quadrati comunque frazionabili (fig. II.479/a). Le pellicole rifrangenti devono possedere i requisiti colorimetrici e fotometrici stabiliti nel disciplinare di cui all'articolo 79, comma 9. Nelle zone urbane, ove coesistono elevati volumi di traffico e fonti di disturbo luminose o alto livello di luminosita' ambientale, le pellicole rifrangenti devono di norma essere della classe 2 di cui all'articolo 79, comma 10. 
Quando, per conformazione del cassonetto e per disposizione delle attrezzature accessorie, la segnaletica di cui al comma 2 non puo' essere applicata, essa puo' essere sostituita con quattro pannelli ridotti, ciascuno di superficie di 20 x 20 cm in modo da realizzare una superficie totale di segnalazione non inferiore a 1.600 cm quadrati (fig. II.479/b). In questa ipotesi, i cassonetti devono essere ubicati in aree riservate destinate a parcheggio fuori della carreggiata o entro la stessa. 
I cassonetti che non siano dotati della segnaletica di cui ai commi 2 e 3 devono essere ubicati in sede propria. 
Ove il cassonetto venga collocato ai margini della carreggiata l'area di ubicazione dello stesso deve essere delimitata con segnaletica orizzontale conforme all'articolo 152, comma 2.”
Al di là delle considerazioni tecniche, come si evince dal video girato dagli attivisti Davide De Lucia e Fabio Leli, nella città di Bari, i cassonetti destinati alla raccolta dei rifiuti sono collocati nei punti più impensabili dal punto di vista della viabilità.
Clamorosi sono i casi di cui al minuto: 1:30 (strisce blu), 2:03 (marciapiede), 2:11-2:21 (angolo della strada, scivolo per disabili e passaggio pedonale) e 2:50 (strisce gialle per diversamente abili).
L’aumento della densità demografica e le imposizioni europee in ordine alla raccolta differenziata rendono necessari un maggior numero di cassonetti lungo le sedi stradali. 
Sotto tale profilo e data la sua struttura a scacchiera, Bari risente maggiormente del problema in oggetto.
Tuttavia, per ovviare a tale problematica, basterebbe introdurre la raccolta differenziata porta a porta.
Essa, oltre a portare giovamento sotto il profilo della viabilità (es: eliminazione dei cassonetti), renderebbe certamente più salutare la qualità della vita di tutti: uomini, donne e stranieri.
Così come l’alchimista trasforma il piombo in oro, perché non trasformiamo il rifiuto in risorsa? Basterebbe imitare altre civiltà europee.
Ma no! Nessuna alchimia. 
Sarà il Movimento 5 Stelle ad introdurre la raccolta differenziata porta a porta, quando l'onda gialla investirà i cuori di tutti gli elettori; quando, come a Parma, il MoVimento 5 Stelle amministrerà l'amata città di Bari, ossia un'amministrazione di cittadini liberati.

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domenica 22 luglio 2012

Sinistra Ecologia e Libertà, una contraddizione nei termini

di Fabio Leli

Il presente articolo si è impegnato nell'analizzare le parole presenti nel Partito di cui Nichi Vendola ne è il leader, Sinistra Ecologia e Libertà (Sel), a partire da una prospettiva di indagine che mostrasse come tali parole non rispecchino affatto il messaggio comunicato.

SINISTRA

Se per Sinistra intendiamo una semplice contrapposizione alla Destra, la differenza  lampante sembrerebbe quella di due schieramenti ben distinti in eterna opposizione. 

Ebbene non è così.

Anche Sel, come tutti i Partiti, gode di quei rimborsi elettorali che nel 1993 gli italiani avevano abrogato con un referendum promosso dai Radicali. Eppure quando, durante la trasmissione di Santoro Servizio Pubblico, fu contestato a Vendola di usufruire di tali rimborsi, con calma serafica, il Governatore pugliese dichiarò, in diretta nazionale, che il suo Partito "non gode di alcun finanziamento pubblico." (minuto 1:16) Una balla che in Rete è stata smentita immediatamente, ma non per quei telespettatori che si sono sorbiti passivamente le parole di Vendola.

ECOLOGIA

Ricordiamo che in Puglia Vendola nominò assessore alla Sanità Alberto Tedesco, "finito nel mirino dei magistrati nell’inchiesta sugli accreditamenti delle cliniche private nel sistema di convenzioni con il pubblico." e assessore all'Ambiente Lorenzo Nicastro che in campagna elettorale si era schierato contro i termovalorizzatori (gli inceneritori ndr.) e favorevolmente alla strategia di rifiuti zero di Paul Connett, ossia a "tendere al cosiddetto rifiuto zero come accade nei paesi anglosassoni [...] trattando il rifiuto per quello che è, un bene una ricchezza", ma una volta eletto ha dichiarato tutt'altro: "sul rifiuto zero, pare che questa formula magica riescano ad ottenerla solo 2 sette Buddiste del Kashmir, io non ne sarei capace, non ho alcuna difficoltà a dirlo. La realizzazione di alcuni termovalorizzatori consentirà alla Regione Puglia la chiusura del ciclo di rifiuti."

In tale analisi, non possiamo dimenticare della campagna elettorale alle regionali del 2010 vinta da Vendola grazie anche ai voti di chi desiderava la ripubblicizzazione dell'AQP in Puglia, una S.p.a. che, ancora oggi, continua a far profitti dall'acqua.

LIBERTA'

L'ultima parola spetta alla libertà di dire e di fare quel che gli pare, anche di cadere in evidenti contraddizioni senza pensare che in Rete esista una memoria storica in grado di smentire immediatamente le sue bugie.

Con il presente video chiunque potrà comprendere le motivazioni che ci spingono a chiamare affettuosamente il Presidente Vendola "lo smemorato di Terlizzi". L'ecologista libero di sinistra prima elogia il recupero dei rifiuti azzardando un parallelismo biblico e successivamente, con orgoglio, sponsorizza la formula dell'inceneritore quale unica possibilità per chiudere il ciclo dei rifiuti in Puglia:

PS: soltanto il MoVimento 5 Stelle è coerente con quello che afferma: rifiuta i rimborsi elettorali, è contro la privatizzazione dell'acqua, è per la per la raccolta differenzia rifiuti zero, cemento zero, spreco zero, emissioni zero, è per la green economy, per l'autoproduzione... E' senza conflitti d'interesse perché il MoVimento 5 Stelle NON è un Partito, non rappresenta una parte, è partecipazione di tutti, a partire da coloro che sono sempre stati esclusi dai processi decisionali e dai mezzi di produzione.
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domenica 15 luglio 2012

La Rete non è né razzista, né omofoba

di Fabio Leli


In passato mi sono occupato del Razzismo quale problema eliminabile esclusivamente in Rete: la Rete è Antirazzista. Infatti in tale luogo virtuale, ma reale, l'essere umano non ha colore, non ha religione, non ha sesso, non ha identità, ognuno vale uno e qualsiasi discorso sul diritto di cittadinanza perde di significato nel momento in cui, nella società della partecipazione, il 100 % della popolazione partecipa attivamente sia ai processi decisionali, che ai mezzi di produzione.

Tale intervento torna di attualità grazie all'ultimo articolo pubblicato da Beppe Grillo sul proprio blog. In Nozze Gay il comico genovese dichiara: "Io sono favorevole al matrimonio tra persone dello stesso sesso, ognuno deve poter amare chi crede e vivere la propria vita con lui o con lei tutelato dalla legge." In tali parole possiamo leggerne delle altre ossia che sia i razzisti che gli omofobi non sono altro che persone con problemi di convivenza.

Aldilà di ogni stereotipo, parole come "devianza" e "cura" sono lo strumento di coloro che credono di possedere la verità in mano ed, elevandosi a giudici, a salvatori o a psicologi improvvisati, giudicano l'altro, il diverso, lo straniero
Se esistono principi etici che la società della partecipazione deve perseguire, fra i primi vedrei proprio il "non giudicare" e il "non doversi giustificare".


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lunedì 2 luglio 2012

L’Italia ha perso, la festa è finita e adesso inizia il “gioco”

di Fabio Leli

L’Italia del calcio ha perso e per gli italiani è finita la festa, ossia è terminata la pausa dalla routine quotidiana. Adesso possono tornare a lavorare, a studiare, a produrre e a consumare. Cioè è possibile tornare alla normalità.

In tal senso, la presente analisi si è impegnata nell’osservare come la “festa” sia funzionale alla riproduzione dell’attuale forma sociale, quale strumento adatto alla costruzione della “normalità”, e di come invece sia possibile uscire da un sistema che divide il tempo semplicemente fra tempo di lavoro e tempo di non-lavoro (il tempo libero).

La festa è il luogo del rafforzamento del potere in quanto amministra il piacere in relazione all’organizzazione dei rapporti di produzione funzionali al consumismo di massa, ossia al consumo della morte
**. La festa diviene il luogo della trasgressione e della disobbedienza nei termini di evasione dalla produttività, ma essa è invece funzionale al consumismo perché insinua nel soggetto il desiderio del divertimento quale illusione di libertà.

Quindi, alla “festa” strumentale alla riproduzione sociale occorre privilegiare il “gioco” perché l’essere umano, in quanto animale sintattico, ossia dotato di linguaggio, è l’unico in grado di modellare il linguaggio, servendosi di pochi pezzi che possano essere messi insieme, in un numero infinito di modi, dando luogo a un numero indefinito di modelli di vita diversi.

Un importantissimo contributo lo ha fornito Thomas Sebeok ne Il gioco del fantasticare in quanto, sottolineando la peculiarità del linguaggio umano, ha sostenuto che gli esseri umani sono gli unici in grado di realizzare oltre alla loro realtà, come fanno gli animali, un numero infinito di mondi possibili, che si manifesta nella forma più creativa della realizzazione artistica. Le lingue stesse sono il risultato storico di “questo gioco del fantasticare”, del ricomporre; esse sono fondate sulla capacità di linguaggio e testimoniano ciascuna della sua capacità di costruzione di più mondi.

In tal senso, alla festa funzionale legata alla riproduzione dell’identico, che divide il tempo fra tempo di lavoro e tempo libero, il tempo autentico è quello liberato, cioè il tempo del “gioco”, il tempo disponibile per l’Altro, il tempo della dissidenza e della revisione dei luoghi comuni del discorso.


 ** “La morte è presa, nel discorso festivo (vedi 5.), come funzione conduttrice e regolatrice delle strutture, come ciò che fonda i rapporti di produzione e garantisce la stabilità delle omologie, e, nel discorso istituzionale, come condizione di un sacrario eterno del sapere, ovvero dell'ordine stabilito. La coppia "mondana" vita-morte, che instaura un sapere umano come armonico, è il sostegno principale di ogni cosmologia (L'Io e l'Es). Il potere del discorso si fonda sul funzionamento della morte: i regimi ne lasciano le impronte. Così, la ripartizione delle competenze prosegue e rafforza, occultandolo, il potere, la cui violenza si avvale dell'anonimato della legge. L'essere-per-la-morte costituisce l'imperativo stesso della verità segregativa.” A Verdiglione, Il godimento della materia, 1975, p. 109

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domenica 1 luglio 2012

Decrescita Felice, il vincente paradigma culturale

di Fabio Leli


La revisione dei parametri che definiscono la “crescita” di una società industriale, come quella occidentale, è ciò che il movimento per la Decrescita Felice sta perorando da più di dieci anni. Decrescita è una bellissima parola nei termini di estirpazione di un male, decrescita di una piaga che affligge la società.

Fra i principali segnali che oggigiorno ci costringono ad un doveroso cambiamento nei termini di crescita ci sono: l'esaurimento delle fonti fossili, le guerre per averne il controllo, i cambiamenti climatici, lo scioglimento dei ghiacciai, l'aumento dei rifiuti, le devastazioni ambientali e l'inquinamento atmosferico. 

Al Prodotto Interno Lordo (PIL), che gli economisti, i politici, gli industriali, i sindacalisti e i mass media continuano a porre in essere il senso stesso dell'intera attività produttiva, il Movimento per la Decrescita Felice ha invece introdotto il Benessere Interno Lordo (BIL), ossia una crescita fondata non sulla produzione e consumo delle merci, ma sui criteri di benessere individuale, sulla condizione di vita materiale, sulla salute, sull'istruzione, sull'attività personale, sulla partecipazione alla vita politica, sul rapporto sociale con l'altro, sull'ambiente e sull'insicurezza economica e fisica.

In un mondo finito, ossia con risorse finite, una crescita infinita è praticamente impossibile.


In tal senso, la tecnologia non deve essere un'esclusiva ad appannaggio del mondo industriale e dell'attuale società dei consumi. La tecnologia deve essere uno strumento per liberare gli uomini e le donne dall'alienazione che l'attuale forma sociale persegue ogni giorno, ossia di essere schiavi dei consumi e di un lavoro astratto che nulla realmente produce.


In una società di lavoro senza lavoratori, laddove sia la Crisi che la disoccupazione sono strutturali, come può il denaro indicare il punto nodale della ricchezza generale di ognuno? Secondo l'ideale della Decrescita Felice e del MoVimento 5 Stelle, l'unica ed autentica ricchezza sociale risiede nell'intelligenza umana.


Ecco che una nuova forma di pensiero è possibile. Un sapere che diviene sia sapere critico che saper fare.


Quindi, nell'ottica di una Decrescita felice, l'unica fonte di progresso che realmente deve maturare è l'intelligenza umana; un'intelligenza collettiva, di Rete, di cittadini v. 2.0, di persone informate affinché ciascuno si possa sentire promotore del cambiamento della propria ed altrui condizione di vita.

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lunedì 25 giugno 2012

Dalla libertà di parola alla libertà della parola, una revisione dell'ovvio

di Fabio Leli

La presente riflessione pone le sue basi dall’analisi del termine “confronto”. Tale termine, sia esso associato alla politica, alla cultura, alla religione, allo sport, all’etnia, è stato sempre più spesso associato ad un altro termine che ha tutt’altro significato, "scontro".
Un confronto che si traduce in scontro ha nei suoi assunti l’idea che ciascuno possa rivendicare, in nome della “Democrazia” e della “Libertà di parola”, il diritto di poter dire e di fare quello che gli pare, ma soprattutto sentirsi in dovere di imporre le proprie idee agli altri.

Ma cos’è la Libertà di parola? E cos’è la Democrazia?

Parlare in nome della Libertà di parola esprime l’esibizione di un’identità, l’ostentazione di un ruolo che si impone col silenzio, con l’interrogazione, con l’affermazione e con il voler sentire. In altri termini, la Libertà di parola significa rendere la parola oggetto di un discorso che può anche comunicare il falso, manipolare, strumentalizzare e deviare l’attenzione dai reali problemi della gente. Perciò, ostentare la Libertà di parola significa prevaricare la parola, possederla, pensarla quale oggetto di consumo per vincere uno confronto dialettico.

Stesso identico discorso è valido per coloro che si riempiono la bocca della parola Democrazia. Essa è l’esaltazione dell’identità di ognuno, ma in realtà l’etimologia di Democrazia è governo del popolo e non di un individuo che impone le proprie idee agli altri.

La libertà di parola non è un'espressione positiva se analizzata con le parole di Niccolò Machiavelli ne Il Principe (1513) : "Un principe che può fare ciò che vuole è un pazzo, un popolo che può fare ciò che vuole non è savio."
Tale citazione spiega come "il fine giustifica i mezzi" sia completamente estraneo al pensiero "machiavellico" secondo la comune ed ovvia accezione negativa. Eppure, nell'attuale forma sociale dobbiamo essere sia capaci e abili di dire e di fare quello che ci pare, sia di giustificare il fine con qualsiasi mezzo. Diktat che farebbe rientrare ciascuno di noi in quella che Machiavelli chiamava "pazzia".

Esiste una soluzione per superare il rapporto dicotomico soggetto-oggetto dell’attuale forma sociale in cui si è presi in considerazione soltanto se si è utili e servili: lasciar libera la parola. Dobbiamo inventarci una nuova lingua, l’alingua (la parola che diviene Soggetto), affinché il linguaggio di ciascuno non sia espulso a beneficio di un’unica lingua ufficiale e monologica.

Oggigiorno l’oggetto ha l’illusione di essere libero, ma è la menzogna massima dell’egemonia di colui che concede la parola. La questione non è chi parla (la par condicio di chi possiede la parola e poi la passa all’altro), ma la condizione all’ascolto. Una cosa gentile che si può fare con la parola nei confronti della parola dell’altro è quella di mettersi in ascolto. Questo significa rinunciare alla libertà di parola per realizzare quel che possiamo chiamare Libertà della parola, cioè mettersi in ascolto, ossia far ritrovare alla parola la sua originaria vocazione che è quella di essere ascoltata. Quindi, il confronto autentico non lo si può ottenere né con lo scontro, né con l’imposizione, ma con l’ascolto spontaneo fuori dai generi e dalle categorie comuni del discorso dominante.

In un'autentica forma sociale equa e solidale, fondata sulla partecipazione diretta dei cittadini, l’altro, l’altrui essere umano, l'estraneo, lo straniero, è la possibilità di fuoriuscita dal rapporto soggetto-oggetto, prefigurando un vivere insieme, fuori dai generi comuni del discorso, al di là dei ruoli sociali ufficialmente istituiti. Una forma sociale in cui non il tempo di lavoro, ma il tempo disponibile – disponibile per l’altro – sia finalmente riconosciuto come la vera ricchezza sociale.
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